L’espressione classica del rispamio gestito è rappresentata dai fondi comuni di investimento, i quali sono strumenti finanziari (definiti dalla legge OICR, Organismi di investimento collettivo del risparmio) che raccolgono il denaro di più risparmiatori che poi viene investito in titoli. Il denaro versato dai singoli risparmiatori confluisce in una sorta di cassa comune e viene utilizzato da un operatore finanziario qualificato (Società di gestione del risparmio – Sgr) per comprare e vendere azioni, obbligazioni, valute e quant’altro.
I fondi comuni non sono titoli finanziari, ma rappresentano strumenti a disposizione dei risparmiatori, che in questo modo hanno l’opportunità di affidare i propri soldi (anche di ammontare modesto) a esperti gestori per essere investiti e diversificati in molti titoli, con lo scopo di ottenere i migliori risultati possibili.
I risparmiatori, quindi, con i fondi comuni ottengono, attraverso una gestione collettiva, il vantaggio di una diversificazione del rischio di investimento (il denaro versato è impiegato su centinaia di titoli), la possibilità di investire anche piccole cifre e un rendimento conveniente (anche se in realtà non sempre è stato così). Questi scopi non potrebbero essere invece ottenuti se i risparmiatori operassero da soli, per mancanza di conoscenze finanziarie, di capitali adeguati, di supporti tecnici e di tempo da dedicare allo studio dei mercati e alle analisi dei titoli (a ragion del vero questi sono concetti che in parte sono stati smentiti dalla pratica del “fai da te”).
I fondi comuni di investimento mobiliari di diritto italiano sono stati istituiti nel 1983 con la legge n. 77 del 23 marzo. Da allora il sistema fondi comuni ha subito una notevole evoluzione. Si è infatti passati dai fondi cosiddetti generici (azionari, bilanciati, obbligazionari e monetari) a prodotti specializzati per area geografica e valutaria. Successivamente si sono aggiunti i fondi settoriali e per tipologia di titoli, per finire con i fondi specializzati per stile di gestione e con i fondi etici. Non esistono ancora, tranne rarissime eccezioni, i fondi indicizzati agli indici di Borsa. Da qualche anno, comunque, sono nati i fondi di fondi, gli hedge fund e gli etf.
L’industria italiana dei fondi comuni si collocava fino a pochi anni fa, al terzo posto nel mondo. In questi ultimi anni, a causa del deflusso dei capitali (pilotato dalle banche) dai fondi comuni verso altre forme di risparmio e della loro sfavorevole tassazione, la raccolta netta è stata pesantemente negativa, e l’Italia è diventata terra di conquista per i gestori stranieri. Dal terzo posto l’industria italiana del risparmio gestito è precipitata alla decima posizione nel mondo per dimensioni. Stiamo assistendo alla crisi di un sistema.
Inoltre, come composizione dei portafogli, in Italia, rispetto agli altri Paesi europei, il peso dei fondi obbligazionari e monetari è ancora il più alto in assoluto: il 75% del totale a fronte del 25% dei fondi azionari. Invece, ad esempio, in Inghilterra, nei fondi azionari, è investito il 75 % del patrimonio. Se poi guardiamo oltre oceano, negli Usa la percentuale azionaria sfiora il 90%.
Stiamo parlando di culture finanziarie molto più evolute della nostra.