Il contratto di lavoro intermittente o a chiamata è un contratto di lavoro dipendente con il quale il lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro (Art. 33 D.Lgs 10 settembre 2003, n.276):
per prestazioni di carattere discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate per ogni settore dalla contrattazione collettiva (causali oggettive) o per periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno, la cui individuazione è anch’essa demandata alla contrattazione collettiva (Art. 34,comma1, D.Lgs n.276/03). In mancanza di quest’ultima, per effetto dell’art. 40 del D.Lgs n. 276/03, i casi in cui è ammissibile il ricorso al lavoro intermittente (Circ. 3 febbraio 2005, n. 4) sono quelli indicati nella tabella allegata al R.D. n. 2357/1923 cui rinvia il D.M. 23 ottobre 2004.
per prestazioni rese da soggetti con più di 55 anni di età, anche pensionati, e con soggetti con meno di 24 anni di età, fermo restando in tale caso che le prestazioni contrattuali debbano svolgersi entro il venticinquesimo anno di età (causali soggettive – Art. 34,comma 2, D.Lgs n.276/03).
Fermi restando i presupposti di instaurazione del rapporto e con l’eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo, il contratto di lavoro intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un periodo complessivamente non superiore alle quattrocento giornate di effettivo lavoro nell’arco di tre anni solari. Al superamento di tale soglia, il rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato (Art. 34, comma 2-bis, D.Lgs n. 276/03). Nel calcolo si computano esclusivamente le giornate di effettivo lavoro prestate successivamente al 28 giugno 2013 (data di entrata in vigore del D.L. n. 76/2013).
La legge n. 92/2012, che ha riformato il mercato del lavoro, ha abrogato l’art. 37 del D.Lgs. n 276/2003 che consentiva di ricorrere, sempre e comunque, al lavoro intermittente per prestazioni da rendersi il fine settimana, nonché nei periodi delle ferie estive o delle vacanze natalizie e pasquali, con diritto alla eventuale indennità di disponibilità solo in caso di effettiva chiamata da parte del datore di lavoro. È facoltà delle parti sociali far rientrare tali periodi nei “periodi predeterminati” di cui all’art. 34 del decreto.
Applicazione:
Il contratto di lavoro intermittente, contenuto negli articoli 33-40 del D.Lgs n. 276/2003, esplica la sua efficacia in tutti i settori in base alle specifiche esigenze o ai periodi predeterminati individuati in sede di contrattazione collettiva.(Interpello n. 37/2008), quali il turismo, il commercio e i pubblici esercizi, ed in assenza di previsioni contrattuali nei settori indicati nella tabella allegata al D.M. 23 ottobre 2004
non può essere stipulato nell’ambito della pubblica amministrazione in quanto la disciplina del contratto di lavoro intermittente si riferisce soltanto a privati datori di lavoro.
può invece essere stipulato da qualunque impresa
Tipologie di lavoro intermittente per:
Durata:
Contratto di lavoro intermittente a tempo indeterminato
Contratto di lavoro intermittente a tempo determinato .
Disponibilità del lavoratore:
Caratteristica del lavoro intermittente è l’alternarsi di fasi in cui non vi è effettiva prestazione lavorativa ma semplice attesa del lavoratore alla chiamata (cioè la cosiddetta disponibilità) e fasi in cui vi è prestazione effettiva di lavoro. Sulla base dell’obbligo di rispondere alla chiamata si possono quindi individuare due diverse tipologie di lavoro intermittente:
con obbligo del lavoratore di rispondere alla chiamata del datore di lavoro a fronte del diritto del lavoratore medesimo a percepire la corrispondente indennità di disponibilità
senza alcun obbligo da parte del lavoratore di rispondere alla chiamata del datore di lavoro e assenza di qualsiasi indennità di disponibilità
Forma e contenuto:
Il contratto di lavoro intermittente deve essere stipulato in forma scritta e contenere: (Art. 35 D.Lgs n. 276/2003):
Durata e ipotesi oggettive e soggettive che ne consentono le stipulazione.
Luogo e modalità della eventuale disponibilità garantita dal lavoratore e relativo preavviso di chiamata, comunque non inferiore ad un giorno lavorativo.
Trattamento economico e normativo spettante al lavoratore, compresa l’indennità di disponibilità se prevista.
Forme e modalità di chiamata del lavoratore.
Tempi e modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità eventualmente dovuta.
Eventuali misure di sicurezza specifiche in relazione al tipo di attività.
Divieti:
Il lavoro intermittente è vietato:
per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero
presso unità produttive nelle quali, entro i sei mesi precedenti, si sia proceduto a licenziamenti collettivi di personale addetto alle stesse mansioni
presso unità produttive interessate all’intervento della cassa integrazione guadagni in favore del personale adibito a mansioni uguali a quelle cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente.
Presso aziende non abbiano effettuato la valutazione dei rischi
Indennità di disponibilità e trattamento economico e normativo:
L’indennità mensile di disponibilità spetta al lavoratore, contrattualmente obbligato a rispondere alla chiamata, per il periodo durante il quale il lavoratore stesso non lavora ma resta disponibile a rispondere alla chiamata del datore di lavoro (Circ. 3 febbraio 2005, n. 4)
La misura dell’indennità mensile di disponibilità viene stabilita dai contratti collettivi e comunque non può essere inferiore al 20 per cento della retribuzione prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato (D.M.10 marzo 2004).
Il rifiuto di rispondere alla chiamata senza giustificato motivo può comportare la risoluzione del rapporto, la restituzione dell’indennità di disponibilità e un congruo risarcimento del danno nella misura predeterminata dal contratto collettivo o individuale di lavoro.
Durante il periodo di disponibilità il lavoratore non matura alcun trattamento economico e normativo e alcun diritto riconosciuto ai lavoratori subordinati (Art. 38, co. 3 D.Lgs n. 276/2003)
per i periodi lavoro effettivo al lavoratore intermittente deve essere garantito un trattamento economico e normativo pari a quello spettante ai lavoratori di pari livello e mansione, proporzionato alle ore di lavoro svolte (principio di non discriminazione).
Ruolo e funzioni della contrattazione collettiva:
I contratti collettivi di categoria sono chiamati ad individuare le specifiche esigenze per ogni settore e le condizioni in presenza delle quali risulta possibile utilizzare il ricorso al lavoro intermittente, nonché ad individuare periodi predeterminati di utilizzo, ma non possono precluderne o limitarne l’uso.(Interpello n 1 settembre 2008, n.37)
Adempimenti amministrativi:
Obbligo di comunicazione al Centro per l’impiego, entro le 24 del giorno antecedente a quello dell’effettivo inizio del rapporto di lavoro
Obbligo di comunicazione alla chiamata del lavoratore: prima dell’inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a trenta giorni, il datore di lavoro è tenuto a comunicarne la durata con modalità semplificate alla Direzione territoriale del lavoro competente per territorio, mediante sms, fax o posta elettronica (comma 3 bis, art. 35 D.Lgs. n. 276/2003 introdotto dalla L. n. 92/2012)
Obbligo di informare le rappresentanze sindacali, ove presenti, con cadenza annuale, circa l’andamento delle assunzioni con contratto di lavoro intermittente e le relative chiamate
Obbligo di registrazione del lavoratore sul libro unico del lavoro (Art. 39 D.L. 25 giugno 2008 convertito in legge 6 agosto 2008 n. 133)
Disciplina previdenziale:
Ai fini degli adempimenti previdenziali trovano applicazione le disposizioni dettate per la generalità dei lavoratori del settore di attività nel quale il lavoratore intermittente viene impiegato e in particolare quelle relative al minimale contrattuale e giornaliero di cui all’art. 1, comma 1, del D.L. n 338/1989 convertito con modificazioni dalla legge n. 638/1983 a parità di orario di lavoro svolto.
Ove la durata dell’attività svolta risulti inferiore a quella della generalità dei lavoratori occupati nella stessa azienda, il trattamento economico normativo e previdenziale deve essere opportunamente riproporzionato (Art. 38, comma 2, D.Lgs n. 276/2003) dividendo l’importo della retribuzione per le ore di lavoro effettuate nello stesso periodo.
I contributi relativi all’indennità di disponibilità devono essere versati per il loro effettivo ammontare, in deroga alla normativa in materia di minimale contributivo (Art. 36 D.Lgs n. 276/2003)
Impugnazione del licenziamento
Il licenziamento deve essere impugnato con atto scritto, anche per il tramite dell’organizzazione sindacale, entro 60 giorni dalla sua comunicazione scritta o dalla comunicazione dei motivi se non contestuali al recesso (art. 6 del della legge 604/1966, come modificato dall’art. 32 della legge n. 183/2010)
Nelle controversie riguardanti questioni di nullità del termine apposto al contratto, per i contratti cessati a partire dal 1° gennaio 2013, il termine di impugnazione è fissato in centoventi giorni, a decorrere dalla cessazione del contratto stesso (art. 1, comma 12, L. 92/2012).
Inefficacia dell’impugnazione del licenziamento:
L’impugnazione del licenziamento è inefficace se entro 180 giorni dalla stessa (art. 1, comma 38, L. 92/2012) non viene depositato il ricorso nel tribunale in funzione di giudice del lavoro o non si trasmette alla controparte la richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato. Si applica il termine di 270 giorni previsto dalla normativa previgente in relazione alle controversie riguardanti questioni di nullità del termine apposto al contratto, per i contratti cessati prima del 1° gennaio 2013 (art. 1, comma 12, L. 92/2012).
In caso di rifiuto della conciliazione o arbitrato o di mancato accordo il ricorso al giudice deve essere depositato entro 60 giorni.