Essere iscritti presso il Registro informatico dei protesti non è una cosa positiva, visto che questa situazione provoca problemi di natura finanziaria e civile se non addirittura penale. Il protestato, infatti, può subire azioni di regresso, ovvero precetti, pignoramenti, interdizioni, revoche di carte di credito, blocchetto assegni e così via.
Ma essere dei protestati significa anche rendere difficile l’accesso ad ulteriori strumenti di pagamento o servizi di altro tipo. Chi è protestato, infatti, oltre a diventare cattivo pagatore e inserito in apposita banca dati consultata dagli istituti finanziari e del credito, chiamata Crif, relativamente a cui è possibile vedere la guida pubblicata sul sito Iprotestati.com in questa pagina, ha difficoltà ad ottenere prestiti, a fare acquisti a rate, a intestarsi linee telefoniche ad abbonamento nonché altre utenza di diversa natura e via dicendo. Insomma, non è una buona cosa.
Se quindi per un vario motivo si è iscritti in tale registro, su richiesta del presidente della Camera di commercio, conviene farsi cancellare.
Tale iscrizione avviene quando non si vuole riconoscere un titolo, e non lo si paga nemmeno dopo i solleciti del creditore. Fatti questi il soggetto che ne deve intascare il pagamento lo passa presso un ufficiale levatore (che è una carica ricoperta per legge da un segretario comunale, da un notaio o da un ufficiale giudiziario). Questo richiede a domicilio il pagamento del corrispettivo, avvalendosi di un presentatore o messo. Se il pagamento continua a non avvenire, l’utente viene iscritto, dal levatore, su di un registro, che viene inviato al presidente del tribunale e al presidente della camera di commercio. Questo, entro dieci giorni, iscrive il soggetto insolvente presso il Registro informatico dei protestati, istituito con il decreto legge 316 del 2000.
L’utente a questo punto, ha due possibilità: rimanere sul registro consultabile in tutta Italia da chi ha rapporti finanziari o economici (e potenzialmente averli con lui e quindi negarglieli; oltre che subire un pignoramento), oppure chiederne la cancellazione.
In questo secondo caso ha ulteriori due possibilità: richiedere la cancellazione entro 20 giorni o richiederla dopo un anno. In ogni caso dopo avere pagato il titolo.
Nel primo caso il richiedente ha facoltà di pagare il titolo entro un anno. Se così si comporta, egli ha il diritto di chiedere la cancellazione dal protesto entro 3 settimane, presentando specifica istanza al presidente della Camera di commercio.
La domanda in carta bollata deve allegare – oltre a un documento di riconoscimento in corso di validità – l’atto di protesto e quindi il titolo di quietanza, ovvero la ricevuta o il certificato attestante il pagamento dovuto con la relativa data di esecuzione formale. In assenza di questa il debitore deve farsi rilasciare una dichiarazione scritta da parte del creditore, che attesti il saldo del debito.
Nel secondo caso, invece, il debitore paga il titolo dopo 12 mesi da quando è stato levato, cioè da quando l’ufficiale pubblico glielo ha notificato. In questo caso allora le tempistiche sono differenti. Il debitore, infatti, prima di richiederne la cancellazione – dal registro si intende – deve chiedere al presidente del tribunale di rilasciargli una dichiarazione di rettifica, che viene effettuata tramite l’emanazione di un decreto di riabilitazione, anche corredandolo con documenti che ne giustifichino il siffatto ritardo, come previsto dalle leggi 108 del 1996 e 235 del 2000.
Ottenuta questa documentazione, unitamente ai certificati che si presentano in caso di richiesta di cancellazione prima dei 12 mesi, l’utente consegna al presidente della Camera di commercio il provvedimento di riabilitazione che gli ha rilasciato il tribunale, e ne chiede – ed eventualmente ottiene – la cancellazione dal Registro informatico dei protestati entro 20 giorni.