Secondo Cass. 21 settembre 2015 n. 18449 Rel. Carluccio, non può ritenersi nulla una donazione stipulata da una società di capitali a favore di un soggetto terzo, avendo la società capacità generale, ossia capacità di essere parte di qualsiasi atto o rapporto anche non inerente l’oggetto sociale. Quest’ultimo non costituisce un limite alla capacità della società ma piuttosto un limite al potere deliberativo e rappresentativo degli organi sociali.
Nel caso di specie, la curatela fallimentare di una società edilizia aveva convenuto in giudizio il Partito Popolare Italiano in ragione del fatto che la società fallita nel 1998 aveva ceduto a titolo gratuito (d.lgs. 460/1997) “Palazzo Sturzo”, immobile di notevole pregio, al fine di consentire al partito di pagare i suoi ingenti debiti.
Nel 2005 il PPI aveva poi effettivamente ceduto a terzi l’immobile per il corrispettivo di 34 milioni di euro. La curatela aveva proposto in primo e secondo grado domanda di nullità dell’atto di cessione a titolo gratuito del 1998 e in subordine azione revocatoria. Le domande veniva respinte in primo e secondo grado (in particolare, l’azione revocatoria veniva ritenuta prescritta).
La nullità dell’atto deliberato dall’assemblea (e del successivo rogito) veniva argomentata in ragione del vizio di “causa” stante la contrarietà alla disciplina codicistica delle società di capitali e allo statuto sociale (vedi però già nel senso della decisione che si segnala Cass. 224/1968; 2001/1996; 12325/1998).